L’intervento
nasce, come sempre nel mio lavoro, dal luogo e dalle sue potenzialità. I volumi
tecnici presenti nel bellissimo terrazzo di “Seven” si presentano come tavoli
di un possibile banchetto, sospeso in una sorta di olimpico giardino degli déi.
Per questo, ho imbandito su di essi dei pranzi impossibili nei quali non c’è
nulla da mangiare, ma molti oggetti incongrui di diversa provenienza, insieme a
piatti e bicchieri e a frammenti di immagini e di segni raccolti un po’
dovunque. I materiali usati sono per lo più materiali poveri, dai panni da spolvero
ai frammenti di vetro e al cartone e in alcuni casi derivano da una azione di
recupero durante le mie esplorazioni un po’ sconclusionate nel tessuto urbano. Sebbene
questi tavoli intendano apparire utili ad una solenne abbuffata, essi sono
invece riflessioni su diversi tipi di avidità e di desiderio, relativi ad
altrettanti temi e modi di sentire che ogni giorno ci accompagnano e talvolta
ci ossessionano : il denaro, il sesso, il tempo, il sacro, l’arte e molti altri,
che non ho avuto il tempo e la forza di “apparecchiare”, ma che meriterebbero
ciascuno il loro tavolo.
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