domenica 25 febbraio 2018


Memoria di Roma

Capitolo I

Camminavo per caso e senza uno scopo preciso per la via che dalla barcaccia semiaffondata punta dritta alla mirabile cupoletta di Raffaello , quando fui assalito dal nebuloso volteggiare dei ricordi, come spesso accade a chi non ha altro da fare. La mattinata era fresca ma soleggiata e sebbene fosse piacevole il passeggio nonché il respiro lieve di un’aria ventilata, quell’insorgere della memoria era al tempo stesso una lenta salita della malinconia, per cui si ha un bel dire con il filosofo  che conoscere è ricordare perché non è affatto detto che ricordare sia sempre conoscere. Così mi prese una struggente nostalgia dell’infanzia, della città serena o presunta tale che ora non è più o che semplicemente io non vedo più, del dolce sorriso materno, dei giochi poveri e allegri al viale dei bambini e dei pittori da strapazzo che gioiosi appendevano i loro discutibili quadri malamente incorniciati a via Margutta.  Si trattava di una sorta di paesana festa dell’arte di seconda mano, di una colorata parodia della pittura, scimmiottata in modo strampalato e ingenuo da individui abilissimi a mettersi un basco di traverso sulla zucca e un foulard al collo con studiata nonchalance, ma non altrettanto abili a dipingere una qualsiasi cosa su una tela.  Ma la cosa più malinconica di questa rimembranza, che in questo caso mi pare, a dir la verità, essere anche conoscenza, è il fatto che a sessanta anni di distanza dal mio primo incontro con quella amena banda di imbrattatele, io mi sento ancora uno di loro.    

Nessun commento:

Posta un commento