sabato 13 ottobre 2012

BAUMOUSE 2012



In questo raro documento, l’Artista è impegnato nella creazione di un oggetto d’arredo per certi versi straniante, in grado di conferire allo spazio della casa un carattere inatteso, alternativo a quello della quotidianità abitativa e dell’uso comune. Come si vede egli crede profondamente nel valore morale e fattivo di questo suo lavoro, come qualcosa che possa condurre ad un modo nuovo di percepire, di vivere e quindi di modificare il mondo. Ci auguriamo tutti che i suoi sforzi e le sue speranze non vengano deluse. 

venerdì 21 settembre 2012


Oggi 21 Settembre dice che è il giorno di S.Matteo –auguri ai Mattei ne conosco 2-3. Oggi –dice- San Matteo, poco prima delle nove, è comparso d’un tratto dal nulla, probabile dal cielo, o comunque da lontano –di certo al di là del Tevere. Ha occupato il sagrato di San Luigi dei Francesi, lì dietro le auto blu, nell’ora del cappuccio dei commessi di Parlamento; oltre la soglia no, non c’è stato verso. Si è seduto in un angolo a scrivere –aramaico, credo… forse greco: segni oscuri, però fitti precisi e continui, quasi ad autopropulsione ipertrofica, infinita, quasi, sai, come gli indici Mibtel Snam Rete Gas al mattino. Le lavoratrici grembiule verde voce roca, guanti gialli a scrostare lo sporco, hanno apprezzato, durante la pausa breve del mozzicone quotidiano. Entro le undici poi è scomparso.
(Ludlan)

Ceci n'est pas un Saint Mathieu



                                                         Ceci n'est pas un Saint Mathieu

giovedì 9 agosto 2012


21 Settembre : San Matteo
Protettore di banchieri, commercialisti, esattori. Autore di uno dei tre Vangeli sinottici, quello ritenuto più diretto e popolare. Le sue reliquie sono conservate nella città di Salerno, della quale è patrono. Egli è patrono anche del comune di Nichelino, nel Piemonte e di molti altri centri abitati italiani. Come appare nella ben nota figura del Tetramorfo, nell'Apocalisse di Giovanni, la sua icona è sempre affiancata da un angelo.

sabato 4 agosto 2012


Fabio d'Achille apre solennemente il Divino Pozzo durante l'inaugurazione di Mad Procoio, nel piccolo e bellissimo museo di Borgo Sabotino. E ' evidente che il Pozzo è ormai un Pozzo da viaggio e che il Tappeto è diventato Volante.

giovedì 26 luglio 2012

Alessandro Evangelista ha scattato questa fotografia di Andrea Lanini, per la rivista di arte contemporanea A,R.I.A. dove è stata pubblicata nel numero dal titolo "Non si sa poi cosa".


Testo della visita guidata presso l'Istituto Svizzero


Per il Congresso dei Disegnatori.

L’idea dell’ intervento è nata dalla mia prima visita al Congresso dei Disegnatori,  all’Istituto Svizzero e allo spazio autogestito Esc, sull’onda dell’invito che, con la sua consueta gentilezza, Lorenzo Micheli Gigotti ha voluto rivolgere ai  curatori di Museo in Esilio.
Mi è sembrato subito interessante preparare una sorta di visita guidata “istituzionale”, in relazione ad uno spazio liberamente decorato, che di istituzionale non ha proprio nulla. Così mi sono chiesto se  il modo migliore per farlo non fosse quello di  far parlare i disegni, visto che fino a quel momento le parole avevano lasciato il campo a favore di un altro tipo di espressione, puramente grafica e pittorica.
Da qui il travestimento da topo, animale ricorrente nel disegno a fumetti, e l’impiego di disegni  rigorosamente ricavati da quelli tracciati sulle pareti, al fine di decorare la mia tonaca vagamente “nazarena”. Così l’assurdo si moltiplicava in una specie di lezione seria, tenuta da uno sgorbio mostruoso decisamente poco attendibile.
Solo molto più tardi ho capito che il mio intento era anche un altro e credo che Lorenzo, come figlio e nipote di insegnanti, mi possa comprendere molto bene.
Infatti il passato di professore mi insegue spietato e con esso anche il ricordo dei miei antichi insegnanti, con il risultato che loro, e di conseguenza anche io, mi sembrano oggi paragonabili a strani animali, atteggiati in espressioni caricaturali, pietrificati nei tratti delle loro discipline, abbarbicati a cattedre come ad assurdi piedistalli per busti un po’ grotteschi.
Ma lasciamo perdere : ho notato con piacere che gli studenti che sono intervenuti  sono stati molto più seri e compunti di quanto non fossero in classe quando spiegavo davvero e mi vestivo normalmente.
Ed ecco qui di seguito il testo, con il suo titolo magari un tantino goliardico e la divisione in “stanze”, così come mi è venuta di getto.


Sei Topoi

Vorrei fare alcune considerazioni intorno alla decorazione parietale, poiché non c’è alcun dubbio che questa sia tale e che come tale si confronti con la grande tradizione italiana dell’affresco, sia pure con alcune non piccole differenze. Questo, non per mescolare in una melassa indifferenziata vecchio e nuovo, ma per sottolineare come essi siano tuttora legati, il vecchio in quanto irrisolto e il nuovo in quanto incertezza.
Trattandosi di un intervento tutto romano, concentrato nel centro storico e nel quartiere tipicamente romano di San Lorenzo, esso rimanda all’esempio più antico di decorazione parietale romana che conosciamo e che è quella descritta da Plinio il Vecchio e Vitruvio nei loro libri e che gli storici hanno convenzionalmente catalogato secondo i cosiddetti Quattro Stili della pittura romana.
Si potrebbe quindi dire con un po’ di disinvoltura  che, pur essendo trascorsi, da quei gloriosi esempi, più di duemila anni, questa decorazione parietale possa essere considerata come l’erede di quei quattro stili, peraltro dopo una serie abbondantissima di opere che non sono state debitamente numerate.    
Ciò che viene subito in mente è che però da molti anni non si vedeva nulla del genere. Battuta pesantemente dall’uso individualistico della tela,  dei colori in tubetto e dei cavalletti, la pittura parietale e l’affresco hanno lasciato il posto nel corso dell’ottocento a un genere assai più mobile e mercantile di pittura, se facciamo eccezione da fenomeni vagamente nostalgici ma dignitosi come il ritorno della pittura murale nell’Italia fascista. Dobbiamo almeno citare, come esempio luminoso di cultori dell’affresco, quei giovani pittori che abitarono nel vicino convento di Sant’Isidoro e che furono noti con il nome singolare di Nazareni.
Il loro spirito passatista è certamente indubbio, perché questo nome è legato anche al loro caratteristico aspetto, agli abiti all’antica e alle barbe e ai capelli fluenti che li facevano rassomigliare a Gesù. Li dobbiamo immaginare mentre scendevano in gruppo lungo questa strada che tuttora conserva, grazie a loro,  il nome di via degli Artisti. Essi decorarono, come è noto, una sala del vicino palazzo Zuccari a via Gregoriana, con scene di argomento biblico legate alla vita di Giuseppe, oggi staccate, e tre sale del casino Massimo Lancellotti al Laterano, ispirate ai poeti Italiani, Dante, Ariosto e Tasso. Era anche previsto Petrarca che però non fu mai realizzato.  Al tempo dei Nazareni lunghe file di ammiratori si formarono per ammirare gli affreschi in quel delizioso palazzetto Massimo che era stato in precedenza dei Giustiniani, come testimonia la grande statua di Giustiniano nel giardino, che vorrebbe confermare una presunta discendenza.
Molto probabilmente, la decorazione che possiamo ammirare qui è debitrice nei confronti del graffito urbano piuttosto che non nei confronti dei Nazareni, anche se il carattere di un luogo tutto interno e i mezzi utilizzati, che non sono le classiche bombolette, le conferiscono caratteristiche molto peculiari. Si potrebbe intanto dire che mentre l’affresco classico derivava da una sorta di ampliamento della pittura su tavola o su tela, qui abbiamo una decorazione parietale che deriva piuttosto da un concentrarsi in un interno di una libera e aggressiva decorazione urbana.

1    La Durata
Il primo Topos che mi viene in mente, riguardo a questo esempio e all’affresco tradizionale in Italia, è certamente la Durata. La visione che nel trecento e nel quattrocento si poteva avere del tempo e della lunga durata delle cose faceva sperare che certe immagini e certi significati di quelle immagini potessero essere compresi anche dopo qualche secolo e che per questo valesse la pena farli durare nel tempo. Non era trascurabile il fatto che alcuni poteri forti, in qualità di committenti, intendessero trasmettere con quelle immagini i loro valori e nella persistenza secolare dei loro valori si augurassero una altrettanto secolare persistenza di se stessi.  L’affresco si prestava benissimo a soddisfare queste aspettative per via delle sue stesse caratteristiche tecniche. E’ noto infatti che lo stesso impiego dell’intonaco fresco serviva ad imprigionare nel muro, grazie ad un processo di carbonatazione, il pigmento nella sua qualità più pura e con una resistenza che non ha in teoria limiti di tempo. Qui gli intendimenti sono del tutto diversi. Non ci sono poteri che intendano perpetuarsi né alcun valore stabile che non sia la libertà d’espressione e nessuno può escludere che questa libertà di espressione si concreti alla fine nel desiderio di cancellare tutto. I mezzi sono conseguenti : matite e carboncino che non hanno alcuna possibilità di rimanere saldamente imprigionati nel muro.
Non è da escludere neppure l’idea che oggi si sia diffusa una certa simpatia per le opere effimere che in quanto tali non esibiscono alcuna autorità, anche per un’ansia di positivo rinnovamento che pervade la società, nonostante l’età media dei nostri parlamentari della quale si discute da tempo immemorabile. D’altra parte, il carattere di fragilità rispetto al tempo delle opere d’arte contemporanee è pure una conseguenza della tradizione del nuovo, introdotta dalle avanguardie storiche, tanto che esse tolgono il disturbo in anticipo, prima che lo faccia una qualche novità inevitabile che le renda vecchie. In ogni caso, con il crescere del carattere effimero delle opere, cresce anche la necessità di documentazione, in modo tale che si è diffuso pericolosamente il dubbio se sia più arte l’opera in sé o la documentazione che ancora una volta la immortala. Perché a dire la verità non è che l’opera deperibile nel tempo abbia del tutto abbandonato il senso della permanenza e anzi questa decorazione è proprio un esempio del contrario, perché il solo fatto che una certa immagine sia tratteggiata su una parete le conferisce qualcosa della solidità che la parete possiede e qualche volta si ha addirittura l’impressione fuggevole che quella immagine sia sempre stata lì.

2   La Velocità

Il  secondo Topos  che mi viene in mente riguarda la Velocità di esecuzione. E’ una differenza più sottile perché in effetti una certa velocità era richiesta anche dall’affresco, per questioni meramente tecniche, in quanto l’intonaco si seccava nel giro di poche ore. E’ noto che sono tuttora riconoscibili le porzioni di affresco realizzate in una sola volta  e che sono definite “giornate”. Si trattava di piccole porzioni nelle quali erano dipinte soltanto una o due figure, ma con una cura che era tipica dell’età umanistica e della sua attenzione per il corpo umano. Leggermente più veloci erano i frescanti del medioevo, meno attenti alle somiglianze e ai particolari e decisamente più convenzionali, i quali riempivano in quelle poche ore tutto lo spazio che era accessibile da un certo ponteggio, prima che fosse spostato, tanto che si riesce a distinguere ancora il confine tra diverse “pontate”, così come accade per le “giornate”. La velocità esecutiva era poi legata all’impiego di tecniche  adeguate a trasferire il disegno progettato sul muro, come la sinopia e lo spolvero, le quali precedevano la stesura del colore vero e proprio.
Indicibilmente più veloce l’esecuzione di questa decorazione, che non avrebbe però alcun problema tecnico di tiraggio dell’intonaco,  essendo un disegno o una pittura completamente a secco. Probabilmente il motivo sta nel voler vedere subito l’immagine, quasi in gara con le tecniche moderne di riproduzione, e di coglierne così immediatamente il significato per poterlo immediatamente proporlo a chi osserva.
Oltretutto la velocità e l’immediatezza è per noi moderni, almeno in certi casi, sinonimo di immediatezza espressiva e quindi di sincerità.
Con una giornata, insomma, si copre tutto lo spazio disponibile, si verifica il risultato e, nella giornata successiva si cambia tutto, in modo tale che l’ultima giornata finisce per non rassomigliare  quasi per nulla alla prima. Il disegno progettato non deve essere poi trasferito in alcun modo sulla parete attraverso tecniche o strumenti, poiché, per quanto uno possa averci pensato prima, il disegno nasce sulla parete.
Esempi di velocità ce ne sono molti su queste pareti, dal segno veloce alla scritta sintetica alla modifica rapida di un altro disegno o anche al disegno elaborato che però viene sinteticamente tratteggiato in breve tempo grazie a stilemi collaudati. 
In ogni caso la velocità di esecuzione non ha a che vedere con la qualità, perché qualcuno è capace di realizzare un capolavoro in un minuto a fronte di qualcun altro che sta lì un anno per produrre un’opera del tutto irrilevante. E’ noto l’episodio di Rembrandt, attribuito peraltro anche ad altri famosi autori, secondo il quale l’artista era stato accusato di pretendere un pagamento troppo alto per uno scarabocchio realizzato in dieci minuti. Rembrandt avrebbe risposto: “Ma io ci ho messo quarant’anni per arrivare a questo.”

3    La Committenza
Il  terzo Topos riguarda il rapporto tra committenza ed esecutori. Per l’affresco storico la situazione non poteva essere più semplice e brutalmente chiara : una certa istituzione o un certo potere incaricava un esecutore prestigioso  e lo remunerava per abbellire un certo luogo di sua proprietà o competenza richiedendo talvolta di apparire concretamente tra le immagini. Certi riferimenti astrali come alla Farnesina o araldici come per le ghiande della Sistina stanno lì a confermarlo. Il cardinale Vigerio, secondo alcuni, suggerì il programma per la volta della Sistina, come pure l’umanista Paolo Giovio per gli affreschi di Pontormo a Poggio a Caiano.   Oggi la situazione è più complessa : la committenza è in parte dell’esecutore che è spinto dal bisogno moderno, romantico  e inarrestabile di esprimersi,  il che comporta che l’artista incarichi in qualche modo se stesso di creare qualcosa. In parte di chi offre lo spazio e lo fa generosamente, perché l’esecutore sarebbe quasi disposto a pagare qualcosa pur di intervenire. Per un’altra parte infine per chi altrettanto generosamente promuove e coordina un’iniziativa in modo tale che gli esecutori possano cogliere l’occasione e l’occasione prenda forma in qualcosa che si possa vedere e comprendere.
Non saprei dire altro in merito a questi rapporti e al loro riscontro economico perché non avendone capito nulla in sessantacinque anni è inutile che faccia finta di averci capito qualcosa proprio adesso.  Quello che posso dire con certezza è che una volta l’esecutore era unico, mentre oggi sono tutti e questo è una importante e positiva conseguenza di una moderna idea di società forse anche della sua liquidità. Si potrebbe affermare che anche un tempo gli esecutori erano più di uno all’interno della bottega ma i cosiddetti aiuti erano tanto più graditi quanto più si adeguavano al piano e allo stile dettato dal maestro.  Ciò non vuol dire che gli aiuti fossero personalità poco significative come dimostra l’esempio di Masaccio e del maestro Masolino, come pure il caso straordinario di Raffaello, i cui aiuti sarebbero divenuti tutti piuttosto famosi, da Giulio Romano a Perin del Vaga, anche se dopo la sua morte, sostiene Vasari, si sentirono come ciechi e incorsero in un gran numero di errori.

4   La Metamorfosi
Il  quarto Topos, che riguarda però un aspetto formale, è la Metamorfosi. Vi è un carattere metamorfico proprio di una certa figura in virtù del fatto che l’autore ha voluto conferire all’immagine che ha dipinto una dinamica di trasformazione in nome della mutevolezza nel tempo e dell’idea che ogni cosa può trasformarsi in un’altra. Vi è poi un metamorfismo implicito nella esecuzione di più persone, ciascuna delle quali aggiunge del suo ad una certa immagine in trasformazione, diciamo così, democratica. Vi è infine una metamorfosi nel tempo grazie alle successive esecuzioni di uno stesso esecutore o di più esecutori che giorno dopo giorno portano la trasformazione delle immagini in parallelo alle trasformazioni della vita. Questo carattere è certamente una differenza rispetto alla pittura parietale del passato ma, fatte le debite differenze, anche una somiglianza, se uno pensa al carattere metamorfico dell’arte barocca, vedi ad esempio la Fontana dei Fiumi di Bernini e a tante invenzioni metamorfiche del surrealismo come le foreste pietrificate di Max Ernst che diventano uccelli o anche i famosi Cadavres Exquis realizzati a più mani.
C’è però anche un altro aspetto che riguarda la metamorfosi ed è presente prima in Ovidio e poi in modo certamente differente in Kafka. Ed è la rispettosa attenzione che noi dobbiamo rivolgere alle trasformazioni, perché ciò che ci appare in un certo modo oggi, poteva essere diverso ieri e diventare diverso domani, ciò che ci appare un male oggi può diventare un bene domani, ciò che noi mangiamo oggi poteva essere un essere umano ieri e infine ciò che noi siamo oggi non potremmo più essere domani. Si presenta insomma a noi, attraverso il carattere metamorfico di questa pittura parietale, l’elemento ricorrente del mostruoso, in una versione moderna però, che esclude l’allontanamento del mostro in un codice teratologico separato e rassicurante e propone invece il mostro come qualcosa di paradossalmente vicino a noi e alla normalità.

5      L’illusionismo
Il quinto Topos,  che riguarda anch’essa un aspetto formale, può anch’esso rappresentare una somiglianza con il passato storico ed è il carattere Illusionistico della pittura murale. Dai Quattro Stili romani fino a Giotto e a Mantegna o a Perin del Vaga a Castel Sant’Angelo, la decorazione parietale non resiste all’idea di illudere lo spettatore che il suo spazio, quello reale, continui nello spazio della pittura, cioè in quello fittizio, con la duplice intenzione di rendere plausibili i sogni e di esaltare l’abilità magica di chi ce lo fa credere. 
Anche qui ce ne sono diversi esempi, il più eclatante dei quali è certamente la bocca aperta che si trasforma in porta aperta, riprendendo il grande portone antropomorfo di palazzo Zuccari in via Gregoriana, chiaramente ispirato al giardino di Bomarzo e in qualche modo anticipato negli affreschi della cupola di Santa Maria del Fiore. In questo caso, ci si ricollega alla grande tradizione iconica e illusionistica di tutta la decorazione parietale occidentale che ricerca la meraviglia a partire dalla realtà concreta, con una sorta di prosecuzione del possesso dello spazio, al di là del confine concreto e materiale del muro. E’ una operazione di natura prospettica, cioè di una natura essenzialmente umanistica e costruttivista. Dal secondo stile della pittura romana, ai Coretti della cappella dei Scrovegni, fino alla Camera degli Sposi e a Villa Barbaro di Veronese, l’illusionismo finisce per scontrarsi con la pura decorazione dell’arte islamica e con le proposte radicali dell’astrazione moderna.  Al polo opposto si potrebbe considerare la cappella realizzata ad Huston nel 1964 da Mark Rothko per i collezionisti Du Menil, divenuta poi tempio di tutte le fedi religiose, nella quale si trova anche l’Obelisco Spezzato di Barnet Newman, in memoria di  Martin Luther King. Altrettanto può dirsi del Cabaret e cinema Aubette realizzato da Van Doesburg a Strasburgo nel 1926 dove non c’era neppure l’idea di “quadro” che invece in qualche modo sopravviverà in Rothko, ma una totale supremazia del colore in stretta relazione con lo spazio architettonico.  

 6   Lo Spazio
 Il  sesto Topos riguarda anch’esso un aspetto formale ed è quello dello spazio, in un senso che questa volta è decisamente differente dalla decorazione parietale tradizionale e storica.  Non si ha qui alcun tipo di spazio strutturato, né prospetticamente né secondo strutturazioni diverse e magari legate alle proposte che le avanguardie hanno avanzato nel corso del XX secolo. A parte il caso straordinario del Michelangelo del Giudizio, il grande affresco tradizionale, da Roma antica alla decorazione barocca, cerca di inquadrare e riquadrare, di dare insomma un qualche ordine spaziale complessivo alla scena o di distinguere le varie scene in riquadri razionalmente concepiti. Dalle scatole cubiche di Giotto alle volte di Mantegna a Mantova, dal quadro riportato di Annibale Carracci,  fino alla comunque prospettica decorazione Barocca di  Padre Pozzo e Pietro Da Cortona, si cerca comunque di dare una logica allo spazio virtuale della parete.
C’è invece qui uno spazio informe, gelatinoso, forse più vicino all’idea di campo, cioè di una estensione spaziale nella quale si distribuiscono in vario modo le energie dei disegnatori. Ogni grumo di disegno ha un suo spazio e o ogni tentativo di collegare più disegni in una sola logica spaziale è destinato ad isolarsi rispetto a vicini tentativi diversi. Da un punto di vista storico è uno spazio che discende da quello organico e informale della pittura d’azione e ancor più dalla interpretazione dello spazio mediatico che è stata avanzata dalla pittura New Dada soprattutto con Rauschenberg e Twombly. Si tratta di uno spazio completamente aperto e disponibile nel quale figure e segni  più diversi convivono come nella dimensione lattiginosa del video. Non è ancora chiaro cosa si debba fare per interpretare questa convivenza. Se questo tipo di spazio globale e multiforme sia il luogo di una nuova policentrica democrazia o invece il terreno incontrollabile nel quale un diffuso smarrimento conduce alla formazione di miti ingannevoli, credo che nessuno possa dirlo con certezza.
Io, comunque, certamente no. 


giovedì 19 luglio 2012

6 Topoi sulla decorazione parietale

Grazie all'Istituto Svizzero di Roma, a Nero Magazine e a Museo in Esilio, Andrea Lanini ha potuto illustrare sei Topoi intorno alla decorazione parietale nella storia. Almeno come li vede lui.....

giovedì 7 giugno 2012


  1. Quel citrullo del mio padrone è scomparso. Da quando è entrato in questa specie di grotta che lui chiama  “il mio studio”, non si trova più e ormai sono giorni che lo stiamo cercando. Io per la verità non lo cerco molto perché lui mi ha sempre trattato malissimo. Non mi porta a spasso né a fare pipì, non mi prepara il cibo Gourmet per cani, non mi fa il bagnetto antipulci e non parliamo di giocare perché è sempre perso dietro ai suoi progetti artistici del cavolo. Se adesso non riappare e non produce più tutta quella robaccia, non credo proprio che la storia dell’arte ne soffrirà.
    Parola di Pipo

venerdì 6 aprile 2012

arte in cambio

Ho passato una intera giornata a fare soldi. E' piuttosto noioso, perchè sono tutti uguali. Beh.....quasi uguali.

martedì 3 aprile 2012

Pipo radicale

Pipo è un ammiratore di Marco Pannella. Pipo è d'accordo con Marco circa i diritti delle coppie di fatto, anche se lui sarebbe per l'accoppiamento indiscriminato senza diritti e anche senza doveri. Segue tutti i digiuni di Pannella e digiuna anche lui sebbene non gli costi una gran fatica. Quando Marco si è avvicinato a Berlusconi, sembra che Pipo abbia ringhiato.

venerdì 30 marzo 2012

sidecar scomparso!

Il sidecar "In Vino Velocitas", con il quale è stato trasportato a viale Trastevere 259 il vino del Divino Pozzo, è scomparso! E'stato trafugato forse da qualche pericoloso elemento della setta degli "Ama". In ogni caso non se ne chiede la restituzione, ma solo la storia : per questo ogni notizia sulle sue attuali condizioni è ben accetta. Restiamo in fiduciosa attesa

venerdì 23 marzo 2012

equinozio di primavera

Il rito del Divino Pozzo si è svolto il giorno dell'equinozio di primavera, all'imbrunire, prolungandosi fino a notte con esiti inebrianti. Si dice che il vino delizioso consigliato da Maddalena, sia stato trasportato dal vicino ducato di Spoleto in un sidecar........

giovedì 8 marzo 2012

Vita di Pipo

Pipo è un cane molto carino ma non capisce l'arte contemporanea. Non è il solo . Gli ho spiegato che è stato proposto un criterio ragionevole per stabilire cosa sia veramente arte e cosa non lo è, e cioè che siano gli addetti ai lavori del circuito dell'arte contemporanea a stabilirlo. Pipo ritiene che sia un criterio giusto perchè in fin dei conti anche il circuito dei cani è il più adatto a stabilire quale sia il miglior cibo per cani. Così una volta tanto ci siamo trovati d'accordo anche se per la verità non è il circuito dei cani a vendere cibo per cani.

Vita di Pipo

Pipo è un cane molto carino ma anche molto pigro perchè non fa praticamente nulla. Ha il vantaggio di non dovere essere accompagnato a fare pipì nelle sere d'inverno perchè non la fa, nè d'inverno nè d'estate. Purtroppo non scodinzola ma c'è chi giura di averlo sentito abbaiare, di notte, soprattutto al sopraggiungere dei temporali. Pipo è un semplice cane randagio che ho trovato nei pressi di un cassonetto e poichè mi sembrava triste ho pensato di adottarlo.