domenica 2 dicembre 2012
2 novembre 2012 Giornata dei vivi che riflettono sui morti.
Bob a Due : "Bob fu qui dove ora sono, io sarò dove ora è Bob"
Roma 2 Novembre 2012, Commemorazione di Robert Rauschenberg, al Pincio, viale dei Bambini.
Roma 2 Novembre 2012, Commemorazione di Robert Rauschenberg, al Pincio, viale dei Bambini.
sabato 13 ottobre 2012
BAUMOUSE 2012
In
questo raro documento, l’Artista è impegnato nella creazione di un oggetto d’arredo
per certi versi straniante, in grado di conferire allo spazio della casa un
carattere inatteso, alternativo a quello della quotidianità abitativa e dell’uso
comune. Come si vede egli crede profondamente nel valore morale e fattivo di
questo suo lavoro, come qualcosa che possa condurre ad un modo nuovo di
percepire, di vivere e quindi di modificare il mondo. Ci auguriamo tutti che i
suoi sforzi e le sue speranze non vengano deluse.
domenica 23 settembre 2012
venerdì 21 settembre 2012
Oggi 21 Settembre dice che è il giorno di
S.Matteo –auguri ai Mattei ne conosco 2-3. Oggi –dice- San Matteo, poco prima
delle nove, è comparso d’un tratto dal nulla, probabile dal cielo, o comunque
da lontano –di certo al di là del Tevere. Ha occupato il sagrato di San Luigi
dei Francesi, lì dietro le auto blu, nell’ora del cappuccio dei commessi di
Parlamento; oltre la soglia no, non c’è stato verso. Si è seduto in un angolo a
scrivere –aramaico, credo… forse greco: segni oscuri, però fitti precisi e
continui, quasi ad autopropulsione ipertrofica, infinita, quasi, sai, come gli
indici Mibtel Snam Rete Gas al mattino. Le lavoratrici grembiule verde voce
roca, guanti gialli a scrostare lo sporco, hanno apprezzato, durante la pausa
breve del mozzicone quotidiano. Entro le undici poi è scomparso.
(Ludlan)
giovedì 9 agosto 2012
Protettore di banchieri, commercialisti, esattori. Autore di uno dei tre Vangeli sinottici, quello ritenuto più diretto e popolare. Le sue reliquie sono conservate nella città di Salerno, della quale è patrono. Egli è patrono anche del comune di Nichelino, nel Piemonte e di molti altri centri abitati italiani. Come appare nella ben nota figura del Tetramorfo, nell'Apocalisse di Giovanni, la sua icona è sempre affiancata da un angelo.
sabato 4 agosto 2012
giovedì 26 luglio 2012
Testo della visita guidata presso l'Istituto Svizzero
Per il Congresso dei
Disegnatori.
L’idea dell’ intervento
è nata dalla mia prima visita al Congresso dei Disegnatori, all’Istituto Svizzero e allo spazio
autogestito Esc, sull’onda dell’invito che, con la sua consueta gentilezza, Lorenzo
Micheli Gigotti ha voluto rivolgere ai curatori
di Museo in Esilio.
Mi è sembrato subito
interessante preparare una sorta di visita guidata “istituzionale”, in
relazione ad uno spazio liberamente decorato, che di istituzionale non ha
proprio nulla. Così mi sono chiesto se
il modo migliore per farlo non fosse quello di far parlare i disegni, visto che fino a quel
momento le parole avevano lasciato il campo a favore di un altro tipo di
espressione, puramente grafica e pittorica.
Da qui il travestimento
da topo, animale ricorrente nel disegno a fumetti, e l’impiego di disegni rigorosamente ricavati da quelli tracciati
sulle pareti, al fine di decorare la mia tonaca vagamente “nazarena”. Così
l’assurdo si moltiplicava in una specie di lezione seria, tenuta da uno sgorbio
mostruoso decisamente poco attendibile.
Solo molto più tardi ho
capito che il mio intento era anche un altro e credo che Lorenzo, come figlio e
nipote di insegnanti, mi possa comprendere molto bene.
Infatti il passato di
professore mi insegue spietato e con esso anche il ricordo dei miei antichi
insegnanti, con il risultato che loro, e di conseguenza anche io, mi sembrano
oggi paragonabili a strani animali, atteggiati in espressioni caricaturali,
pietrificati nei tratti delle loro discipline, abbarbicati a cattedre come ad
assurdi piedistalli per busti un po’ grotteschi.
Ma lasciamo perdere :
ho notato con piacere che gli studenti che sono intervenuti sono stati molto più seri e compunti di
quanto non fossero in classe quando spiegavo davvero e mi vestivo normalmente.
Ed ecco qui di seguito
il testo, con il suo titolo magari un tantino goliardico e la divisione in “stanze”,
così come mi è venuta di getto.
Sei Topoi
Vorrei fare alcune
considerazioni intorno alla decorazione parietale, poiché non c’è alcun dubbio
che questa sia tale e che come tale si confronti con la grande tradizione
italiana dell’affresco, sia pure con alcune non piccole differenze. Questo, non
per mescolare in una melassa indifferenziata vecchio e nuovo, ma per
sottolineare come essi siano tuttora legati, il vecchio in quanto irrisolto e
il nuovo in quanto incertezza.
Trattandosi di un
intervento tutto romano, concentrato nel centro storico e nel quartiere
tipicamente romano di San Lorenzo, esso rimanda all’esempio più antico di decorazione
parietale romana che conosciamo e che è quella descritta da Plinio il Vecchio e
Vitruvio nei loro libri e che gli storici hanno convenzionalmente catalogato
secondo i cosiddetti Quattro Stili della pittura romana.
Si potrebbe quindi dire
con un po’ di disinvoltura che, pur
essendo trascorsi, da quei gloriosi esempi, più di duemila anni, questa
decorazione parietale possa essere considerata come l’erede di quei quattro
stili, peraltro dopo una serie abbondantissima di opere che non sono state
debitamente numerate.
Ciò che viene subito in
mente è che però da molti anni non si vedeva nulla del genere. Battuta
pesantemente dall’uso individualistico della tela, dei colori in tubetto e dei cavalletti, la
pittura parietale e l’affresco hanno lasciato il posto nel corso dell’ottocento
a un genere assai più mobile e mercantile di pittura, se facciamo eccezione da
fenomeni vagamente nostalgici ma dignitosi come il ritorno della pittura murale
nell’Italia fascista. Dobbiamo almeno citare, come esempio luminoso di cultori
dell’affresco, quei giovani pittori che abitarono nel vicino convento di
Sant’Isidoro e che furono noti con il nome singolare di Nazareni.
Il loro spirito
passatista è certamente indubbio, perché questo nome è legato anche al loro
caratteristico aspetto, agli abiti all’antica e alle barbe e ai capelli fluenti
che li facevano rassomigliare a Gesù. Li dobbiamo immaginare mentre scendevano
in gruppo lungo questa strada che tuttora conserva, grazie a loro, il nome di via degli Artisti. Essi decorarono,
come è noto, una sala del vicino palazzo Zuccari a via Gregoriana, con scene di
argomento biblico legate alla vita di Giuseppe, oggi staccate, e tre sale del
casino Massimo Lancellotti al Laterano, ispirate ai poeti Italiani, Dante,
Ariosto e Tasso. Era anche previsto Petrarca che però non fu mai
realizzato. Al tempo dei Nazareni lunghe
file di ammiratori si formarono per ammirare gli affreschi in quel delizioso
palazzetto Massimo che era stato in precedenza dei Giustiniani, come testimonia
la grande statua di Giustiniano nel giardino, che vorrebbe confermare una
presunta discendenza.
Molto probabilmente, la
decorazione che possiamo ammirare qui è debitrice nei confronti del graffito
urbano piuttosto che non nei confronti dei Nazareni, anche se il carattere di
un luogo tutto interno e i mezzi utilizzati, che non sono le classiche
bombolette, le conferiscono caratteristiche molto peculiari. Si potrebbe
intanto dire che mentre l’affresco classico derivava da una sorta di
ampliamento della pittura su tavola o su tela, qui abbiamo una decorazione
parietale che deriva piuttosto da un concentrarsi in un interno di una libera e
aggressiva decorazione urbana.
1 La Durata
Il primo Topos che mi viene in
mente, riguardo a questo esempio e all’affresco tradizionale in Italia, è
certamente la Durata. La visione che nel trecento e nel quattrocento si poteva
avere del tempo e della lunga durata delle cose faceva sperare che certe
immagini e certi significati di quelle immagini potessero essere compresi anche
dopo qualche secolo e che per questo valesse la pena farli durare nel tempo.
Non era trascurabile il fatto che alcuni poteri forti, in qualità di
committenti, intendessero trasmettere con quelle immagini i loro valori e nella
persistenza secolare dei loro valori si augurassero una altrettanto secolare
persistenza di se stessi. L’affresco si
prestava benissimo a soddisfare queste aspettative per via delle sue stesse
caratteristiche tecniche. E’ noto infatti che lo stesso impiego dell’intonaco
fresco serviva ad imprigionare nel muro, grazie ad un processo di
carbonatazione, il pigmento nella sua qualità più pura e con una resistenza che
non ha in teoria limiti di tempo. Qui gli intendimenti sono del tutto diversi.
Non ci sono poteri che intendano perpetuarsi né alcun valore stabile che non
sia la libertà d’espressione e nessuno può escludere che questa libertà di
espressione si concreti alla fine nel desiderio di cancellare tutto. I mezzi
sono conseguenti : matite e carboncino che non hanno alcuna possibilità di rimanere
saldamente imprigionati nel muro.
Non è da escludere neppure l’idea
che oggi si sia diffusa una certa simpatia per le opere effimere che in quanto
tali non esibiscono alcuna autorità, anche per un’ansia di positivo
rinnovamento che pervade la società, nonostante l’età media dei nostri
parlamentari della quale si discute da tempo immemorabile. D’altra parte, il
carattere di fragilità rispetto al tempo delle opere d’arte contemporanee è
pure una conseguenza della tradizione del nuovo, introdotta dalle avanguardie
storiche, tanto che esse tolgono il disturbo in anticipo, prima che lo faccia
una qualche novità inevitabile che le renda vecchie. In ogni caso, con il
crescere del carattere effimero delle opere, cresce anche la necessità di
documentazione, in modo tale che si è diffuso pericolosamente il dubbio se sia
più arte l’opera in sé o la documentazione che ancora una volta la immortala.
Perché a dire la verità non è che l’opera deperibile nel tempo abbia del tutto
abbandonato il senso della permanenza e anzi questa decorazione è proprio un
esempio del contrario, perché il solo fatto che una certa immagine sia
tratteggiata su una parete le conferisce qualcosa della solidità che la parete
possiede e qualche volta si ha addirittura l’impressione fuggevole che quella
immagine sia sempre stata lì.
2 La Velocità
Il secondo Topos
che mi viene in mente riguarda la Velocità di esecuzione. E’ una
differenza più sottile perché in effetti una certa velocità era richiesta anche
dall’affresco, per questioni meramente tecniche, in quanto l’intonaco si
seccava nel giro di poche ore. E’ noto che sono tuttora riconoscibili le
porzioni di affresco realizzate in una sola volta e che sono definite “giornate”. Si trattava
di piccole porzioni nelle quali erano dipinte soltanto una o due figure, ma con
una cura che era tipica dell’età umanistica e della sua attenzione per il corpo
umano. Leggermente più veloci erano i frescanti del medioevo, meno attenti alle
somiglianze e ai particolari e decisamente più convenzionali, i quali
riempivano in quelle poche ore tutto lo spazio che era accessibile da un certo
ponteggio, prima che fosse spostato, tanto che si riesce a distinguere ancora
il confine tra diverse “pontate”, così come accade per le “giornate”. La
velocità esecutiva era poi legata all’impiego di tecniche adeguate a trasferire il disegno progettato
sul muro, come la sinopia e lo spolvero, le quali precedevano la stesura del
colore vero e proprio.
Indicibilmente più
veloce l’esecuzione di questa decorazione, che non avrebbe però alcun problema
tecnico di tiraggio dell’intonaco,
essendo un disegno o una pittura completamente a secco. Probabilmente il
motivo sta nel voler vedere subito l’immagine, quasi in gara con le tecniche moderne
di riproduzione, e di coglierne così immediatamente il significato per poterlo
immediatamente proporlo a chi osserva.
Oltretutto la velocità
e l’immediatezza è per noi moderni, almeno in certi casi, sinonimo di
immediatezza espressiva e quindi di sincerità.
Con una giornata,
insomma, si copre tutto lo spazio disponibile, si verifica il risultato e,
nella giornata successiva si cambia tutto, in modo tale che l’ultima giornata
finisce per non rassomigliare quasi per
nulla alla prima. Il disegno progettato non deve essere poi trasferito in alcun
modo sulla parete attraverso tecniche o strumenti, poiché, per quanto uno possa
averci pensato prima, il disegno nasce sulla parete.
Esempi di velocità ce ne sono
molti su queste pareti, dal segno veloce alla scritta sintetica alla modifica
rapida di un altro disegno o anche al disegno elaborato che però viene
sinteticamente tratteggiato in breve tempo grazie a stilemi collaudati.
In ogni caso la velocità di
esecuzione non ha a che vedere con la qualità, perché qualcuno è capace di
realizzare un capolavoro in un minuto a fronte di qualcun altro che sta lì un
anno per produrre un’opera del tutto irrilevante. E’ noto l’episodio di
Rembrandt, attribuito peraltro anche ad altri famosi autori, secondo il quale
l’artista era stato accusato di pretendere un pagamento troppo alto per uno
scarabocchio realizzato in dieci minuti. Rembrandt avrebbe risposto: “Ma io ci
ho messo quarant’anni per arrivare a questo.”
3 La Committenza
Il terzo Topos riguarda il rapporto tra
committenza ed esecutori. Per l’affresco storico la situazione non poteva
essere più semplice e brutalmente chiara : una certa istituzione o un certo
potere incaricava un esecutore prestigioso
e lo remunerava per abbellire un certo luogo di sua proprietà o
competenza richiedendo talvolta di apparire concretamente tra le immagini.
Certi riferimenti astrali come alla Farnesina o araldici come per le ghiande
della Sistina stanno lì a confermarlo. Il cardinale Vigerio, secondo alcuni,
suggerì il programma per la volta della Sistina, come pure l’umanista Paolo
Giovio per gli affreschi di Pontormo a Poggio a Caiano. Oggi la situazione è più complessa : la
committenza è in parte dell’esecutore che è spinto dal bisogno moderno,
romantico e inarrestabile di
esprimersi, il che comporta che
l’artista incarichi in qualche modo se stesso di creare qualcosa. In parte di
chi offre lo spazio e lo fa generosamente, perché l’esecutore sarebbe quasi
disposto a pagare qualcosa pur di intervenire. Per un’altra parte infine per
chi altrettanto generosamente promuove e coordina un’iniziativa in modo tale
che gli esecutori possano cogliere l’occasione e l’occasione prenda forma in
qualcosa che si possa vedere e comprendere.
Non saprei dire altro in merito a
questi rapporti e al loro riscontro economico perché non avendone capito nulla
in sessantacinque anni è inutile che faccia finta di averci capito qualcosa
proprio adesso. Quello che posso dire
con certezza è che una volta l’esecutore era unico, mentre oggi sono tutti e
questo è una importante e positiva conseguenza di una moderna idea di società
forse anche della sua liquidità. Si potrebbe affermare che anche un tempo gli
esecutori erano più di uno all’interno della bottega ma i cosiddetti aiuti
erano tanto più graditi quanto più si adeguavano al piano e allo stile dettato
dal maestro. Ciò non vuol dire che gli
aiuti fossero personalità poco significative come dimostra l’esempio di
Masaccio e del maestro Masolino, come pure il caso straordinario di Raffaello,
i cui aiuti sarebbero divenuti tutti piuttosto famosi, da Giulio Romano a Perin
del Vaga, anche se dopo la sua morte, sostiene Vasari, si sentirono come ciechi
e incorsero in un gran numero di errori.
4 La Metamorfosi
Il quarto Topos, che riguarda però un aspetto
formale, è la Metamorfosi. Vi è un carattere metamorfico proprio di una certa
figura in virtù del fatto che l’autore ha voluto conferire all’immagine che ha
dipinto una dinamica di trasformazione in nome della mutevolezza nel tempo e
dell’idea che ogni cosa può trasformarsi in un’altra. Vi è poi un metamorfismo
implicito nella esecuzione di più persone, ciascuna delle quali aggiunge del
suo ad una certa immagine in trasformazione, diciamo così, democratica. Vi è
infine una metamorfosi nel tempo grazie alle successive esecuzioni di uno
stesso esecutore o di più esecutori che giorno dopo giorno portano la
trasformazione delle immagini in parallelo alle trasformazioni della vita.
Questo carattere è certamente una differenza rispetto alla pittura parietale
del passato ma, fatte le debite differenze, anche una somiglianza, se uno pensa
al carattere metamorfico dell’arte barocca, vedi ad esempio la Fontana dei
Fiumi di Bernini e a tante invenzioni metamorfiche del surrealismo come le
foreste pietrificate di Max Ernst che diventano uccelli o anche i famosi
Cadavres Exquis realizzati a più mani.
C’è però anche un altro aspetto
che riguarda la metamorfosi ed è presente prima in Ovidio e poi in modo
certamente differente in Kafka. Ed è la rispettosa attenzione che noi dobbiamo
rivolgere alle trasformazioni, perché ciò che ci appare in un certo modo oggi,
poteva essere diverso ieri e diventare diverso domani, ciò che ci appare un
male oggi può diventare un bene domani, ciò che noi mangiamo oggi poteva essere
un essere umano ieri e infine ciò che noi siamo oggi non potremmo più essere
domani. Si presenta insomma a noi, attraverso il carattere metamorfico di
questa pittura parietale, l’elemento ricorrente del mostruoso, in una versione
moderna però, che esclude l’allontanamento del mostro in un codice teratologico
separato e rassicurante e propone invece il mostro come qualcosa di
paradossalmente vicino a noi e alla normalità.
5 L’illusionismo
Il quinto Topos, che riguarda anch’essa un aspetto formale,
può anch’esso rappresentare una somiglianza con il passato storico ed è il
carattere Illusionistico della pittura murale. Dai Quattro Stili romani fino a
Giotto e a Mantegna o a Perin del Vaga a Castel Sant’Angelo, la decorazione
parietale non resiste all’idea di illudere lo spettatore che il suo spazio,
quello reale, continui nello spazio della pittura, cioè in quello fittizio, con
la duplice intenzione di rendere plausibili i sogni e di esaltare l’abilità
magica di chi ce lo fa credere.
Anche qui ce ne sono diversi
esempi, il più eclatante dei quali è certamente la bocca aperta che si
trasforma in porta aperta, riprendendo il grande portone antropomorfo di
palazzo Zuccari in via Gregoriana, chiaramente ispirato al giardino di Bomarzo
e in qualche modo anticipato negli affreschi della cupola di Santa Maria del
Fiore. In questo caso, ci si ricollega alla grande tradizione iconica e
illusionistica di tutta la decorazione parietale occidentale che ricerca la
meraviglia a partire dalla realtà concreta, con una sorta di prosecuzione del
possesso dello spazio, al di là del confine concreto e materiale del muro. E’
una operazione di natura prospettica, cioè di una natura essenzialmente
umanistica e costruttivista. Dal secondo stile della pittura romana, ai Coretti
della cappella dei Scrovegni, fino alla Camera degli Sposi e a Villa Barbaro di
Veronese, l’illusionismo finisce per scontrarsi con la pura decorazione
dell’arte islamica e con le proposte radicali dell’astrazione moderna. Al polo opposto si potrebbe considerare la
cappella realizzata ad Huston nel 1964 da Mark Rothko per i collezionisti Du
Menil, divenuta poi tempio di tutte le fedi religiose, nella quale si trova
anche l’Obelisco Spezzato di Barnet Newman, in memoria di Martin Luther King. Altrettanto può dirsi del
Cabaret e cinema Aubette realizzato da Van Doesburg a Strasburgo nel 1926 dove
non c’era neppure l’idea di “quadro” che invece in qualche modo sopravviverà in
Rothko, ma una totale supremazia del colore in stretta relazione con lo spazio
architettonico.
6 Lo Spazio
Il
sesto Topos riguarda anch’esso un aspetto formale ed è quello dello
spazio, in un senso che questa volta è decisamente differente dalla decorazione
parietale tradizionale e storica. Non si
ha qui alcun tipo di spazio strutturato, né prospetticamente né secondo
strutturazioni diverse e magari legate alle proposte che le avanguardie hanno
avanzato nel corso del XX secolo. A parte il caso straordinario del
Michelangelo del Giudizio, il grande affresco tradizionale, da Roma antica alla
decorazione barocca, cerca di inquadrare e riquadrare, di dare insomma un
qualche ordine spaziale complessivo alla scena o di distinguere le varie scene
in riquadri razionalmente concepiti. Dalle scatole cubiche di Giotto alle volte
di Mantegna a Mantova, dal quadro riportato di Annibale Carracci, fino alla comunque prospettica decorazione
Barocca di Padre Pozzo e Pietro Da
Cortona, si cerca comunque di dare una logica allo spazio virtuale della
parete.
C’è invece qui uno
spazio informe, gelatinoso, forse più vicino all’idea di campo, cioè di una
estensione spaziale nella quale si distribuiscono in vario modo le energie dei
disegnatori. Ogni grumo di disegno ha un suo spazio e o ogni tentativo di
collegare più disegni in una sola logica spaziale è destinato ad isolarsi
rispetto a vicini tentativi diversi. Da un punto di vista storico è uno spazio
che discende da quello organico e informale della pittura d’azione e ancor più
dalla interpretazione dello spazio mediatico che è stata avanzata dalla pittura
New Dada soprattutto con Rauschenberg e Twombly. Si tratta di uno spazio
completamente aperto e disponibile nel quale figure e segni più diversi convivono come nella dimensione
lattiginosa del video. Non è ancora chiaro cosa si debba fare per interpretare
questa convivenza. Se questo tipo di spazio globale e multiforme sia il luogo
di una nuova policentrica democrazia o invece il terreno incontrollabile nel
quale un diffuso smarrimento conduce alla formazione di miti ingannevoli, credo
che nessuno possa dirlo con certezza.
Io, comunque,
certamente no.
giovedì 19 luglio 2012
6 Topoi sulla decorazione parietale
mercoledì 13 giugno 2012
giovedì 7 giugno 2012
- Quel citrullo del mio padrone è scomparso. Da quando è entrato in questa specie di grotta che lui chiama “il mio studio”, non si trova più e ormai sono giorni che lo stiamo cercando. Io per la verità non lo cerco molto perché lui mi ha sempre trattato malissimo. Non mi porta a spasso né a fare pipì, non mi prepara il cibo Gourmet per cani, non mi fa il bagnetto antipulci e non parliamo di giocare perché è sempre perso dietro ai suoi progetti artistici del cavolo. Se adesso non riappare e non produce più tutta quella robaccia, non credo proprio che la storia dell’arte ne soffrirà.
Parola di Pipo
lunedì 16 aprile 2012
venerdì 6 aprile 2012
arte in cambio
Ho passato una intera giornata a fare soldi. E' piuttosto noioso, perchè sono tutti uguali. Beh.....quasi uguali.
martedì 3 aprile 2012
Pipo radicale
Pipo è un ammiratore di Marco Pannella. Pipo è d'accordo con Marco circa i diritti delle coppie di fatto, anche se lui sarebbe per l'accoppiamento indiscriminato senza diritti e anche senza doveri. Segue tutti i digiuni di Pannella e digiuna anche lui sebbene non gli costi una gran fatica. Quando Marco si è avvicinato a Berlusconi, sembra che Pipo abbia ringhiato.
venerdì 30 marzo 2012
sidecar scomparso!
Il sidecar "In Vino Velocitas", con il quale è stato trasportato a viale Trastevere 259 il vino del Divino Pozzo, è scomparso! E'stato trafugato forse da qualche pericoloso elemento della setta degli "Ama". In ogni caso non se ne chiede la restituzione, ma solo la storia : per questo ogni notizia sulle sue attuali condizioni è ben accetta. Restiamo in fiduciosa attesa
venerdì 23 marzo 2012
equinozio di primavera
Il rito del Divino Pozzo si è svolto il giorno dell'equinozio di primavera, all'imbrunire, prolungandosi fino a notte con esiti inebrianti. Si dice che il vino delizioso consigliato da Maddalena, sia stato trasportato dal vicino ducato di Spoleto in un sidecar........
giovedì 8 marzo 2012
Vita di Pipo
Pipo è un cane molto carino ma non capisce l'arte contemporanea. Non è il solo . Gli ho spiegato che è stato proposto un criterio ragionevole per stabilire cosa sia veramente arte e cosa non lo è, e cioè che siano gli addetti ai lavori del circuito dell'arte contemporanea a stabilirlo. Pipo ritiene che sia un criterio giusto perchè in fin dei conti anche il circuito dei cani è il più adatto a stabilire quale sia il miglior cibo per cani. Così una volta tanto ci siamo trovati d'accordo anche se per la verità non è il circuito dei cani a vendere cibo per cani.
Vita di Pipo
Pipo è un cane molto carino ma anche molto pigro perchè non fa praticamente nulla. Ha il vantaggio di non dovere essere accompagnato a fare pipì nelle sere d'inverno perchè non la fa, nè d'inverno nè d'estate. Purtroppo non scodinzola ma c'è chi giura di averlo sentito abbaiare, di notte, soprattutto al sopraggiungere dei temporali. Pipo è un semplice cane randagio che ho trovato nei pressi di un cassonetto e poichè mi sembrava triste ho pensato di adottarlo.
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