domenica 21 luglio 2013

Pipo cinefilo

Pipo non va più al cinema. Non ne ha più la forza fisica né psicologica e neppure economica. Così vede i film soltanto in televisione, quando i suoi padroni la accendono ed è per questo che ieri sera ha visto, sul primo canale tv, il film di Cristina Comencini che si intitola “Il più bel giorno della mia vita”. E’ stata una buona opportunità, perché Pipo ha capito alcune cose.  Innanzitutto ha capito che gran parte del cinema italiano è fatto di melense storie familiari, per lo più narrate da bambini che le raccontano in prima persona. Sono storie che riguardano mamme che non capiscono i figli, padri che pensano solo al lavoro, mogli depresse con amanti, mariti nevrotici con amanti, figli omosessuali e possibilmente drogati, figlie dissolute e possibilmente drogate e tutti che si lamentano di continuo operando infinite confessioni a bassa voce, discutono e litigano incessantemente in camere da letto e soggiorni di bellissime case borghesi, con lampade firmate, librerie che nessuno consulta ed eleganti poltrone di Cassina, con terrazze su piazza Navona che non sembrano consolare nessuno delle sue tremende sofferenze.
Pipo ha capito anche che quelle tremende sofferenze hanno poco a che fare con quelle degli homeless, degli immigrati, dei disperati veri e molto invece con la frigidità delle signore e i problemi erettili dei signori, visto che si vedono di continuo pomiciamenti e accoppiamenti più o meno irrisolti, compresi quelli dei chihuahua e dei levrieri di famiglia,


che almeno procreano chihuahua e levrieri apparentemente normali. Nel seguire le vicende di tutte queste persone che sembrano non fare altro che lamentarsi nelle loro case e ville di proprietà, Pipo ha capito che il vero soggetto di gran parte del cinema italiano è la famiglia, ma non nel senso che registi e attori abbiano studiato a fondo il problema del nucleo familiare nell’Italia moderna. No. Nel senso invece che essi semplicemente rappresentano la realtà che permette loro di sopravvivere e che evidentemente è la sola realtà che conoscono, visto che registi, attori, sceneggiatori, scenografi sono in gran parte figli di registi, attori, sceneggiatori, scenografi. Così Pipo ha capito cos’è il familismo lobbistico che affossa sempre più in una insulsa melassa la cultura italiana. Con la conseguenza che ora non vede più neppure la televisione.