"Camerini" settembre 2016 presso Magazzini Mas via dello Statuto Roma
sabato 22 ottobre 2016
mercoledì 21 settembre 2016
mercoledì 31 agosto 2016
MEZZA GALERA Carcere Mandamentale di Montefiascone Artisti in resilienza
2 - 15 Agosto 2016 A cura di Giorgio de Finis e Arte Libera Tutti
" Sogno o son dentro" è il titolo della cella vissuta e trasformata dal detenuto Lanini. Resa vivibile, anche solo per una settimana, grazie ai sogni accumulati in attesa della detenzione e durante la detenzione del suddetto recluso e anche dei compagni di carcerazione che hanno avuto la bontà di fornire i loro sogni per la trasformazione della cella medesima. Occorre riconoscere che al detenuto Lanini, per raggiunti limiti di età, è stata concesso lo spazio migliore disponibile, sia pure ben chiuso a chiave, con tanto di finestra affacciata sul lago di Bolsena, della qual cosa il detenuto Lanini non si stanca di ringraziare i pur severi organizzatori. Va ricordata comunque la simpatia di tutti, secondini e prigionieri e la singolare fratellanza che si è creata tra loro come se la carcerazione fosse vera e non una pura finzione dell'arte.
2 - 15 Agosto 2016 A cura di Giorgio de Finis e Arte Libera Tutti
" Sogno o son dentro" è il titolo della cella vissuta e trasformata dal detenuto Lanini. Resa vivibile, anche solo per una settimana, grazie ai sogni accumulati in attesa della detenzione e durante la detenzione del suddetto recluso e anche dei compagni di carcerazione che hanno avuto la bontà di fornire i loro sogni per la trasformazione della cella medesima. Occorre riconoscere che al detenuto Lanini, per raggiunti limiti di età, è stata concesso lo spazio migliore disponibile, sia pure ben chiuso a chiave, con tanto di finestra affacciata sul lago di Bolsena, della qual cosa il detenuto Lanini non si stanca di ringraziare i pur severi organizzatori. Va ricordata comunque la simpatia di tutti, secondini e prigionieri e la singolare fratellanza che si è creata tra loro come se la carcerazione fosse vera e non una pura finzione dell'arte.
venerdì 13 maggio 2016
ANDREA LANINI E LA MOSTRA-CHE-NON-C’È
Ghisi
Grütter
Così
scriveva Adolf Loos: «Il miglior disegnatore può essere un cattivo
architetto, il miglior architetto può essere un cattivo disegnatore».
Fra qualche
giorno si sarebbe dovuta inaugurare una mostra di Andrea Lanini “Cogito ergo interrumpo” che
costituisce una sorta di viaggio nella memoria architettonica.
Andrea, infatti, ha studiato architettura a Roma nei leggendari
anni ’60, ma non ha poi svolto la professione di architetto ritornando ai suoi
amori primigeni: la pittura e la storia dell’arte.
Ciononostante
c’è molto di architettonico in tutti i suoi lavori; ad esempio, le sue varie
installazioni civiche, a mio avvio, trovano la loro raison d’être
nella sensibilità urbana sviluppatasi nel corso degli studi.
Ho
avuto già modo di parlare delle opere composite e complesse di Andrea Lanini,
un autore che andando in là con gli anni, diventa sempre più prolifico. Le sue
mostre sono sempre un’invenzione: un’occasione di stimolo, uno spunto per
inventarsi un nuovo percorso creativo. Ne è esempio una recente mostra alla
galleria Spazio Y del Quadraro a Roma che proponeva una falsa biblioteca con
finti libri di cartone pieni di suggerimenti e di riflessioni sul quartiere,
frutto di lunghe passeggiate che l’autore aveva fatto in quella zona. I
visitatori della mostra prendevano i libri in prestito, come in una vera
biblioteca, e li “completavano” liberamente in una sorta di “opera aperta”,
riconsegnandoli poi il giorno della finissage.
Qui
invece lo spunto è nato dallo spazio espositivo una volta studio di un
architetto che era stato assistente universitario negli anni in cui Andrea ha
studiato architettura. Un’insospettata coincidenza? È proprio il mestiere
interrotto (negato?) di architetto che dà vita alle opere di Andrea con le sue
riflessioni grafiche sui principi dell’architettura moderna arricchite qua e là
dalla suggestione del luogo, una delle vie più antiche del rione romano di
Trastevere. Così recita lo stesso Lanini:
«Che l’architettura sia per me una cosa
interrotta, questo va da sé.
Non so se si sia interrotto qualcosa nella
architettura in generale perché, da quello che vedo in giro, l’architettura
contemporanea sembra in gran parte fatta di macerie o comunque di qualcosa che
finge di cadere e invece sta in piedi.
Mi sono chiesto spesso perché, ma il fatto è
che c’è qualcosa nella mia testa che mi impedisce di pensarci.
E’ per questo che l’architettura è per me
una cosa interrotta: perché è il mio pensiero su di essa che si è interrotto.
Mi rendo conto che questo non va bene, ma
non posso farci nulla.
Il fatto è che l’architettura è qualcosa di
utile e adesso sono troppo impegnato ad occuparmi di cose che non servono a
niente.
L’arte non serve a niente, ma in fin dei
conti questa sua inutilità è importante per gli esseri umani.
L’architettura deve servire a qualcosa, ma
sembra che oggi cerchi di essere artistica per avere un senso.
Loos sarebbe stato contrario, anche se le
sue case sono opere d’arte e Wittgenstein che era suo amico, ci avrebbe messo
il carico, ma per valutare la questione dovrei conoscere l’opinione della
sorella.
Come si fa a mettere insieme tutti questi
frammenti di pensiero sparsi qua e là?
Non lo so.
Io tutt’al più provo a mettere insieme dei pezzi carta e di oggetti vari.
Se poi corrispondono a pezzi della mia vita,
tanto meglio, se ne potrà parlare con gli amici.
E questa è la cosa più importante».
Nelle
opere elaborate per mostra interrotta
ci sono frammenti di architetture miste a oggetti più prettamente appartenenti
al repertorio laniniano come le strutture ricorrenti che lui disegna e che
costruisce anche quali modelli-prototipi. L’io-narrante
è costituito dal topolino che rappresenta l’autore e affiora qua e là oltre
a essere l’esplicito protagonista del video. Un altro elemento che possiamo
riscontrare sempre nelle sue opere è l’ironia e in questo caso la riscontriamo,
ad esempio, nella “messa in cornice” delle tavole delle non-architetture.
Riconosciamo
nei disegni tra i reperti architettonici villa Stein di Le Corbusier, una machine à habiter, messa a confronto con
la machine tout court, un’opera di cartone in scala 1:1 elaborata qualche anno
fa da Lanini ed esposta in “vetrina” nella galleria “Opera Unica” in via della
Reginella al Ghetto.
I
suoi riferimenti architettonici sono prevalentemente quelli del moderno: il tetto giardino, i pilotis, le facciate libere, ma i volumi
delle architetture disegnate risentono anche del costruttivismo russo in una
grafica direi più post-moderna tra il fumettista e il graffitaro, mentre il
segno a pennello non perde mai del tutto la sua tridimensonalità. L’uso di
assonometrie più che di prospettive denota una ricerca dello “spazio
dell’oggetto” in contrapposizione “all’oggetto nello spazio” come notava a suo
tempo Massimo Scolari nei suoi testi sull’axonometria.
Tuttavia
le assonometrie di Lanini sembrano quasi delle prospettive sbagliate che
recuperano, in tal modo, una certa naïvité.
Credo che in questo suo modo di rappresentare si possa leggere l’insofferenza alle regole rigide così
come all’eccesso di razionalismo e funzionalismo. Molte delle performances di Andrea Lanini nascono
dal desiderio di ribellione e dal rifiuto di seguire un’estetica vincente.
L’arte per Lanini è un processo mentale, slitta fuori dall’alveo tradizionale
della perizia tecnica, si svuota della comunicazione emotiva che esige una visione
contemplativa e dagli occhi passa al cervello; propone, inoltre, un processo di
desacralizzazione dell’opera d’arte, una demitizzazione dell’aura che circonda
tradizionalmente il capolavoro e l’autore in una critica esplicita del mercato
artistico.
Le
opere di Andrea Lanini sono unioni di pezzetti frantumati, talvolta scritti
insieme ai disegni grafici, spesso collages:
la carta di giornale, le fotocopie, l’objet trouvée. Nell’universo poetico cui ispira
l’autore, l’epoca fondamentale per la sua costruzione
artistica è senza dubbio l’inizio del Novecento nelle sue declinazioni Dadaista
e Surrealista. Da un lato Man Ray e la sua
pittura influenzata dall’incontro con l’avanguardia americana, che incontrò a
Parigi il gruppo dadaista cambiando il nome in Man Ray e adeguandosi
all'immaginario dell'avanguardia parigina (ma anche il raggismo russo). Dall’altro, il maggior ispiratore delle
opere di Andrea è l’insuperabile Marcel Duchamp che, con la sua carica
dissacratoria, ha influenzato tantissimi autori del secondo Dopoguerra. A
distanza di un secolo Duchamp sembra rappresentare a tutt’oggi un fenomeno con
cui ogni artista contemporaneo, in qualche misura, si debba confrontare.
Amore e odio (nei confronti dell’architettura)
Ordine e disordine (nell’Universo creativo) Razionale e organico (negli spunti
progettuali) Pensiero ed emozione (ispiratori nell’allestimento) Geometria e caos
(nel il mondo delle “cose”)
lunedì 9 maggio 2016
giovedì 11 febbraio 2016
venerdì 5 febbraio 2016
Il fatto è che il nostro eroe, se
è lecito usare questo termine per uno smidollato come lui, era così preso dalle
sue fantasie, che non riusciva più a farne a meno. E quel che è peggio,
l’apprezzamento a buon mercato che gli tributavano gli amici del suo fottuto
giro di biechi individui, non meno fasulli, illusi e sbandati di lui, lo
rassicurava sulla sua presunta genialità e lo spingeva a continuare, per il
disdoro e l’affossamento del pensiero e della cultura del suo disgraziato
paese, che nel complesso non era messo molto meglio di lui. Non c’era cosa che
egli accogliesse nel suo bagaglio di conoscenze, non c’era oggetto trovato per
terra, non c’era immagine scovata nella rete o vista in televisione, la sera
dopo cena, tra i fumi dell’alcool, che egli non trasformasse ansiosamente nello
stimolo di qualche prodigiosa invenzione, di qualche sogno, di qualche
strampalata fantasticheria, che poi si affannava, non senza un doloroso tormento,
ad imporre a qualcuno come fosse arte della più pura qualità.
Così non fu affatto una novità,
almeno per lui, trovare per terra, accanto a un dannato cassonetto della
stramaledetta piazza vicina alla sua vecchia bicocca, un cappello moscio, e
metterselo sul cranio, fingendo un’espressione fra l’ispirato e l’idiota, per
dare l’idea di essere una specie di poeta, nostalgico e disperato. Quella piazza
era uno specie di misero palcoscenico con quattro alberelli spelacchiati, in
preda al quotidiano girotondo di macchine che gli ronzavano intorno. Né
tanto meno fu una cosa eccezionale, sempre per lui, declamare, conciato a quel
modo, una assurda elegia sul mare e sui gabbiani al tramonto, davanti alla sua
stessa telecamera, poggiata precariamente su una pila di libri. Ne era uscito
un filmato assolutamente ridicolo, nel quale oltretutto lui appariva goffamente
all'inizio e scompariva alla fine, lasciando capire che era lui stesso ad
avviare e spegnere l’apparecchio in modo maldestro, essendo in quella specie di
atelier improvvisato che era la sua fottuta stamberga, solo come un cane. Dopodiché
si era febbrilmente seduto davanti al computer, aveva scaricato il video
poetico, divertendosi pazzamente e l’aveva subito dopo messo in rete, dove
queste sue prove d’artista, per così dire, pullulavano in modo mostruoso così
da ingolfare la banda larga per quanto larga e smisurata potesse essere.
venerdì 22 gennaio 2016
SPAZIO Y
Via dei Quintili 144 Roma (Metro A- Porta Furba Quadraro)
Via dei Quintili 144 Roma (Metro A- Porta Furba Quadraro)
CODICE QUADRARO (Temporary Library)
di Andrea Lanini
di Andrea Lanini
Dal 5 dicembre al 6 gennaio
2016
Vernissage 5 dicembre ore 17.30
Questa non è una biblioteca.
Ne ha l’aspetto, però, e una certa patina di antico che hanno spesso le cose povere e abbandonate, anche se sono state gettate per strada solo da qualche giorno. Come biblioteca è un assurdo perché, in quelle vere, i libri sono di autori diversi, scritti in anni diversi, con diversi argomenti, storie e racconti. Qui invece l’autore è uno solo, uno solo l’anno di esecuzione, uno solo l’argomento. Probabilmente l’autore si è montato la testa nel voler accumulare tutti questi libri in un tempo così breve. O forse ha voluto proprio giocare con il tempo e prendere in prestito l’idea del tempo dilatato di tutto il sapere conservato nelle vere biblioteche, per mostrare che ci possono essere tante storie anche in una biblioteca finta, nata semplicemente da qualche passeggiata.
Il Quadraro è l’unico vero argomento di questa biblioteca, o meglio, alcune passeggiate solitarie, compiute dall’autore tra le amabili case basse, nelle piccole strade, tra i giardini sorvegliati da aquile e leoni di gesso. Ogni tanto spunta un pino marittimo dietro un muro di mattoni e un prato in lontananza, fino all’acquedotto. Sulle targhe in marmo delle strade, stanno incisi nomi che potrebbero indicare ad un Gitone o a un Encolpio il ritorno a casa, o meglio, alla loro stanzuccia disadorna, alla fine di una notte di bagordi.
Ma soprattutto le persone, i negozianti, gli abitanti, gli artisti che ci vivono sono il tema di tutti questi libri. E se l’autore, a causa di una sua discutibile riservatezza, non è riuscito a coinvolgere nei suoi itinerari tutte queste persone, ora possono dire la loro ed essere autori della biblioteca non meno dell’autore stesso.
Ogni visitatore può prelevare un libro e tenerlo per tutta la durata della mostra, fino al giorno 6 gennaio 2016, in occasione del finissage, quando dovrà restituirlo. Il possessore temporaneo del libro potrà apportare ad esso le modifiche e le aggiunte che riterrà opportune oppure restituirlo così come lo ha trovato all’atto del prestito. Ogni libro deve essere registrato tanto nel momento del prelievo che in quello della riconsegna.
(Andrea Lanini)
Vernissage 5 dicembre ore 17.30
Questa non è una biblioteca.
Ne ha l’aspetto, però, e una certa patina di antico che hanno spesso le cose povere e abbandonate, anche se sono state gettate per strada solo da qualche giorno. Come biblioteca è un assurdo perché, in quelle vere, i libri sono di autori diversi, scritti in anni diversi, con diversi argomenti, storie e racconti. Qui invece l’autore è uno solo, uno solo l’anno di esecuzione, uno solo l’argomento. Probabilmente l’autore si è montato la testa nel voler accumulare tutti questi libri in un tempo così breve. O forse ha voluto proprio giocare con il tempo e prendere in prestito l’idea del tempo dilatato di tutto il sapere conservato nelle vere biblioteche, per mostrare che ci possono essere tante storie anche in una biblioteca finta, nata semplicemente da qualche passeggiata.
Il Quadraro è l’unico vero argomento di questa biblioteca, o meglio, alcune passeggiate solitarie, compiute dall’autore tra le amabili case basse, nelle piccole strade, tra i giardini sorvegliati da aquile e leoni di gesso. Ogni tanto spunta un pino marittimo dietro un muro di mattoni e un prato in lontananza, fino all’acquedotto. Sulle targhe in marmo delle strade, stanno incisi nomi che potrebbero indicare ad un Gitone o a un Encolpio il ritorno a casa, o meglio, alla loro stanzuccia disadorna, alla fine di una notte di bagordi.
Ma soprattutto le persone, i negozianti, gli abitanti, gli artisti che ci vivono sono il tema di tutti questi libri. E se l’autore, a causa di una sua discutibile riservatezza, non è riuscito a coinvolgere nei suoi itinerari tutte queste persone, ora possono dire la loro ed essere autori della biblioteca non meno dell’autore stesso.
Ogni visitatore può prelevare un libro e tenerlo per tutta la durata della mostra, fino al giorno 6 gennaio 2016, in occasione del finissage, quando dovrà restituirlo. Il possessore temporaneo del libro potrà apportare ad esso le modifiche e le aggiunte che riterrà opportune oppure restituirlo così come lo ha trovato all’atto del prestito. Ogni libro deve essere registrato tanto nel momento del prelievo che in quello della riconsegna.
(Andrea Lanini)
Iscriviti a:
Post (Atom)