domenica 6 ottobre 2013

Ho sempre pensato al Museo come ad un luogo consacrato. Presumo che il carattere sacro derivasse da un’autorità che l’aveva imposto e questa autorità doveva essere quella della vera arte. Infatti la mia impressione era che il Museo servisse a distinguere la vera arte da quello che non lo era, perché la vera arte era dentro il Museo, mentre tutto il resto restava fuori. Con questo sistema, l’arte vera che stava dentro il museo non era meno sacra del suo contenitore e questo faceva sì che diventasse oggetto di devozione. Ma la devozione, che si deve generalmente a santi e beati, i quali sono morti, mi faceva sospettare che fosse morta anche la grande arte dei musei. Il fatto, poi, che nei musei italiani la maggior parte delle opere siano di carattere sacro non migliorava la situazione. Da tutto ciò si capisce che anche i musei riservati all’arte contemporanea, i cui autori per lo più non sono morti, possano rischiare di ammazzare anche l’arte dei vivi. Così fin dall’inizio ho cercato di attaccare, sia pure con moderazione, l’autorità e la sacralità dell’arte, sia nel realizzare opere, sia nell’insegnare la storia dell’arte, in questa seconda attività ho talvolta determinato un certo scadimento della disciplina scolastica, ma ho sempre pensato che ne valesse la pena. Tralascio di dire cosa penso oggi. Un buon modo per attaccare la sacralità dell’arte, soprattutto quella che è dentro il Museo, era quello di intervenire nella strada, cioè di stare fuori. Può darsi che questo derivasse dalla certezza che mai una mia opera sarebbe entrata in un museo, ma in ogni caso la strada consentiva di riflettere su tante cose che altrimenti non sarebbero state possibili. 1) Percezione distratta. Nella strada si può affrontare il problema della percezione distratta dei passanti con il rischio che data la distrazione della percezione, l’opera stradale non la veda nessuno. Se però il passante distratto si accorge dell’opera, se ne accorge con autentica sorpresa. 2) Importanza del contesto. L’opera bell’e fatta non si va a collocare nel contesto precostituito del museo ma il contesto, se interpretato, genera egli stesso l’opera. Questo determina uno strano mimetismo per cui l’oggetto mimetizzato si confonde nel luogo, ma al tempo stesso è la cosa più strana che si possa immaginare in quel luogo. 3) Modalità di intervento. Il modo dell’intervento deve essere adeguato perchè intervenire nella strada è vietato. Bisogna approfittare della percezione distratta, per cui non importa a nessuno quello che stai facendo; o bisogna essere particolarmente veloci; o bisogna agire di notte. All’inizio preferivo questo terzo modo appunto perché mi consentiva di uscire di notte. Oggi non lo faccio più perché, come ho spiegato agli amici premurosi che si preoccupavano della mia salute mentale, oggi di notte dormo. 4) Distruzione. Se non volevo che i miei oggetti fossero imbalsamati come in un Museo, dovevo accettare che avessero una vita e se avevano una vita dovevano avere anche una morte. Solo una volta ne ho restaurato uno per farlo durare ma alla fine l’Ama lo ha rimosso. L’Ama, che allora si chiamava Nu, ha rimosso quasi tutti i miei oggetti, gran parte dei quali sono stati prima distrutti. 5) Anonimato Oltre a costituire un vantaggio perché non consente l’identificazione dell’autore da parte dell’apparato repressivo, l’anonimato dà l’impressione al passante che sia la città a produrre opere o comunque che lo faccia qualcuno per il solo piacere di farlo. 6) Apparizione Lo scopo finale di tutto questo era di realizzare una apparizione. Il carattere marginale di queste apparizioni mi consentiva di evitare i vérnissages. In realtà c’era una specie di privato vérnissages ogni volta che qualcuno si accorgeva dell’opera. Dopo qualche tempo, però gli amici si davano appuntamento per andare a vedere l’apparizione dopo cena e scommettevano sulla sua resistenza. Quando l’opera aveva l’aspetto di un oggetto d’uso, qualcuno ha anche tentato di usarlo, per cui ad esempio qualcuno ha provato a legare uno scooter ad un falso segnale stradale. Forse hanno anche rivolto una preghiera alla mia falsa immagine sacra, ma in questo caso credo che la preghiera valga lo stesso. Comunque realizzare una apparizione voleva dire avvicinarsi alla dimensione del sacro. Con questo fatto dell’apparizione ecco che sono tornato all’arte sacra, ma in senso marginale piuttosto che museale. D’altra parte arte e religione non sono facilmente separabili perché tutte e due hanno lo scopo di esorcizzare la morte, per cui da questo punto di vista anche l’arte meno religiosa contiene qualcosa di sacro. E poi intervenire a Roma significa per forza imbattersi in qualche presenza sacra. E per certi versi questo facilita le cose poiché si può approfittare di un repertorio di forme e di simboli che tutti conoscono. Per me ci sono anche due altre ragioni dell’avvicinamento all’arte sacra, una positiva e l’altra un po’ meno : l’aver insegnato storia dell’arte e aver studiato fino a diciotto anni dai preti. Lascio immaginare quale sia quella positiva. Certo, riguardo alla morte, i miei oggetti morivano un po’ troppo, per poterla davvero esorcizzare, ma per fortuna, con il tempo, sono aumentati e si sono perfezionati gli strumenti di documentazione per cui adesso sono in condizione di far vedere qualcosa. Sul piano teorico non ho ancora esaminato a fondo la questione, ma mi riprometto fin d’ora di trattarla nella mia prossima lezione fra una ventina d’anni.

Lectio Marginalis con Cesare Pietroiusti al Maam di Metropoliz a cura di Giorgio de Finis, Mattia Pellegrini, Davide Ricco.

domenica 21 luglio 2013

Pipo cinefilo

Pipo non va più al cinema. Non ne ha più la forza fisica né psicologica e neppure economica. Così vede i film soltanto in televisione, quando i suoi padroni la accendono ed è per questo che ieri sera ha visto, sul primo canale tv, il film di Cristina Comencini che si intitola “Il più bel giorno della mia vita”. E’ stata una buona opportunità, perché Pipo ha capito alcune cose.  Innanzitutto ha capito che gran parte del cinema italiano è fatto di melense storie familiari, per lo più narrate da bambini che le raccontano in prima persona. Sono storie che riguardano mamme che non capiscono i figli, padri che pensano solo al lavoro, mogli depresse con amanti, mariti nevrotici con amanti, figli omosessuali e possibilmente drogati, figlie dissolute e possibilmente drogate e tutti che si lamentano di continuo operando infinite confessioni a bassa voce, discutono e litigano incessantemente in camere da letto e soggiorni di bellissime case borghesi, con lampade firmate, librerie che nessuno consulta ed eleganti poltrone di Cassina, con terrazze su piazza Navona che non sembrano consolare nessuno delle sue tremende sofferenze.
Pipo ha capito anche che quelle tremende sofferenze hanno poco a che fare con quelle degli homeless, degli immigrati, dei disperati veri e molto invece con la frigidità delle signore e i problemi erettili dei signori, visto che si vedono di continuo pomiciamenti e accoppiamenti più o meno irrisolti, compresi quelli dei chihuahua e dei levrieri di famiglia,


che almeno procreano chihuahua e levrieri apparentemente normali. Nel seguire le vicende di tutte queste persone che sembrano non fare altro che lamentarsi nelle loro case e ville di proprietà, Pipo ha capito che il vero soggetto di gran parte del cinema italiano è la famiglia, ma non nel senso che registi e attori abbiano studiato a fondo il problema del nucleo familiare nell’Italia moderna. No. Nel senso invece che essi semplicemente rappresentano la realtà che permette loro di sopravvivere e che evidentemente è la sola realtà che conoscono, visto che registi, attori, sceneggiatori, scenografi sono in gran parte figli di registi, attori, sceneggiatori, scenografi. Così Pipo ha capito cos’è il familismo lobbistico che affossa sempre più in una insulsa melassa la cultura italiana. Con la conseguenza che ora non vede più neppure la televisione.

sabato 1 giugno 2013

Il giorno 23 maggio 2013 al Maam, Museo dell'Altro e dell'Altrove, sono apparse quattro Macchine Migranti, ciascuna dedicata ad una delle comunità presenti nell'ex salumificio Fiorucci e ispirate tutte alla visione del Carro da parte del profeta Ezechiele, narrata nella Bibbia. Come precedente dell'Apocalisse di Giovanni e del Tetramorfo, la visione evocava i quattro evangelisti, sotto la cui protezione sono stati posti anche i quattro carri presentati al Maam. La potenza dei quattro evangelisti deve essere parecchio in  ribasso perchè i ragazzini abitanti nell'ex salumificio hanno distrutto tutti e quattro i carri in meno di un'ora. Si sta provvedendo ad un difficile restauro ma è un'impresa disperata.


 

martedì 21 maggio 2013

Nel New England e in particolare a Providence, le case private sono villette unifamiliari con giardino e rimessa e con tetto a spioventi, per via delle abbondanti nevicate invernali, ma anche per l'intento preciso di rassomigliare alla casa di Topolino. Queste villette, realizzate per lo più in legno, sono molto simili l'una all'altra, ma assolutamente non uguali. Anzi, a ben guardare, ogni proprietario, pur rispettando certe dimensioni e anche certe forme comuni, si ingegna a personalizzare la propria dimora, colorandone le cornici, gli infissi,le balaustre e i pomelli e ne ravviva continuamente le tinte, mediante una assidua e solerte manutenzione. Non si capisce quando possa svolgersi tutta questa manutenzione, perchè i quartieri residenziali sono quasi del tutto deserti, se non si considerano gli scoiattoli, e, nell'attraversarli, si teme sempre che da un qualche cespuglio ben curato di azalee spunti fuori un criminale armato di motosega. Per fortuna questo generalmente non accade. Al contrario, quando per puro caso si incontra qualcuno, costui, nel passarti accanto, pronunzia la parola "Hi", che è un saluto.  Gli abitanti delle zone più ricche, se opportunamente incontrati,  salutano in modo più distinto degli altri. Per lo più conducono a spasso cani che sembrano appena usciti da un parrucchiere per cani. Anche nei quartieri più ricchi le case sono villette abbastanza simili alle altre, ma le balaustre, le gronde, i pomelli, i timpani dei portici, gli infissi delle finestre, gli alberi e i fiori dei giardini sono più colorati, più curati, più lucidi e splendenti dei loro simili. E' precisamente per questo che i ricchi, in America, vanno ad abitare in case più costose mentre i meno abbienti devono accontentarsi di case modeste, con gronde, balaustre, infissi, pomelli e fiori decisamente più dozzinali.


A New York, interi quartieri degradati diventano improvvisamente alla moda e cominciano ad essere frequentati da scrittori, pittori, musicisti e altri sconclusionati, vestiti nel modo bizzarro che è tipico della città. Allora spuntano i bar, gli studi dei creativi e i negozi prestigiosi, con la conseguenza che il quartiere non è più degradato e i prezzi delle case crescono a dismisura. Così i nuovi artisti, i giovani sconclusionati e intere generazioni nascenti di tipi originali dovranno necessariamente cercare altri quartieri degradati dove andare a vivere, in un andirivieni vertiginoso di strani soggetti, al ritmo dei prezzi degli appartamenti che continueranno a salire e a scendere per la gioia di chi vende nel primo caso e di chi acquista nel secondo. Personaggi che non sempre hanno a che fare con l'arte, ma che qualche volta sono ex artisti conquistati dal brivido del mercato immobiliare.



giovedì 16 maggio 2013

Nei bar delle città americane, si bevono caffè abbondantissimi, acquatici e straordinariamente bollenti. Il calore è mantenuto tale da un coperchietto di carta che chiude il grande bicchiere, anch'esso di carta. nel coperchietto c'è un piccolo foro dove è bene non infilare la cannuccia perchè bere quel genere di caffè con la cannuccia potrebbe provocare ustioni gravissime. Meglio è togliere il coperchietto e dare aria al caffè, ma occorre compiere l'operazione con una certa cura per non rovesciare il caffè. Questo è il motivo per cui i piani terreni degli edifici americani sono quasi sempre sporchi di caffè.
A New York le persone si vestono come vogliono. Questo non vuol dire che in altri paesi qualcuno obblighi qualcun altro a vestirsi come non vuole. Vuol dire semplicemente che i gusti e le scelte in fatto di abbigliamento sono più libere, personali e bizzarre che altrove, perchè nessuno teme di rendersi ridicolo e tutti si disinteressano di come gli altri vogliono o non vogliono apparire in pubblico. Così si possono vedere tutti i tipi di lustrini e di ornamenti, i più incredibili o stridenti accostamenti, cappelli infinitamente variabili, dal cilindro al più indigeno copricapo da cow boy, senza trascurare baschi, bandane. borsalini e perfino pagliette. Le acconciature possono essere molto colorate, fantasiose o particolarmente lambiccate e le scarpe appariscenti e qualche volta assurde. Molti si vestono invece in modo assolutamente anonimo così da passare inosservati, ma quando l'anonimato sconfina nella trasandatezza allora quei personaggi, mal curati e come abbandonati a se stessi, finiscono per colpire l'attenzione, soprattutto quella dei turisti.
In America, soprattutto a new York, i poveri, gli sbandati e i senza casa sono moltissimi, ma la cosa non ci colpisce più come un tempo, perchè questa peculiarità, sull'onda del progresso e della modernità, l'abbiamo importata anche in Europa. La differenza sta nel fatto che, mentre in Europa i poveri e gli sbandati provocano nel cittadino medio un qualche senso di colpa e rigurgiti di pietà di stampo cattolico sui quali si è sviluppato un sistema assistenziale, in America la pietà è assai minore, perchè il miserabile è considerato responsabile della sua miseria e ogni sua richiesta di soccorso suona come una indebita ingerenza negli affari di chi invece si è reso responsabile della propria ricchezza.






Il lavorio incessante della costruzione e demolizione degli edifici, come pure quello del carico e scarico delle merci, corrisponde al movimento delle persone e questo avviene soprattutto a New York. Nelle pause o nei rallentamenti tra un movimento e l'altro le persone non hanno il tempo di riconquistare il loro equilibrio e cadono in una specie di vuota stanchezza. Per riempire quel vuoto, esse mangiano. Mangiano o bevono. Nei momenti di pausa le persone in movimento bevono bibite, caffè, birra o frullati da grossi bicchieri di carta provvisti di cannuccia e generalmente, ma non sempre, li gettano in appositi bidoni che per lo più sono pieni: Mangiano prevalentemente crackers e salatini da grosse buste colorate che tengono in grembo quando si siedono in metropolitana per tornare a casa ed hanno lo sguardo assente. Il risultato di tutte queste pause e di tutti questi ingurgitamenti, anche se non è scientificamente provato, è una diffusione molto consistente di culi enormi e di braccia flaccide.   
In America, dove molti oggetti, edifici e spazi sono più grandi che altrove, vi sono anche persone straordinariamente grandi. Vi sono dei neri grandissimi, vestiti di nero, con enormi scarpe nere, che svolgono mansioni di guardiano, portiere, buttafuori e insomma attività di sorveglianza per le quali danno molta sicurezza. Certo che, essendovi così tanti giganti, una nutrita banda di costoro, se animata da intenti criminali, potrebbe rendere inoffensivo anche un guardiano del genere.
In America e non solo a New York, gli ascensori, come pure le camere d'albergo, funzionano con una tessera magnetica che va inserita in una apposita fessura e subito levata in velocità per poi premere il bottone desiderato. Generalmente l'ascensore non parte. Una persona di intelligenza medio bassa può rimanere intrappolata per molto tempo prima che qualche persona normale si decida a chiamare l'ascensore e ad usare la tessera in modo ragionevole. Per andare al piano terra non serve la tessera per cui è bene che una persona di intelligenza medio bassa vada al piano terra e, possibilmente, ci rimanga. Questo è il motivo per cui i piani terreni degli edifici americani sono pieni di persone di intelligenza medio bassa.









Tassisti e camerieri sono a volte più ciarlieri anche perchè le mance sono praticamente obbligatorie. I camerieri turchi in particolare sono in grado di leggere  i fondi delle tazzine di caffè, purchè sia turco. I camerieri turchi che lavorano in ristoranti turchi possono farlo ma solo alla fine del pasto, perchè lì si serve caffè turco. L'impressione è che riservino la lettura soprattutto alle ragazze. In ogni caso la tazzina di caffè deve essere rovesciata in direzione della persona di cui si vuole leggere il futuro.
In America i rubinetti del lavandino emettono acqua calda e fredda come da noi, ma hanno impresse due lettere diverse, H e C, perchè H sta per Hot che vuol dire "caldo" e C sta per "cold" che vuol dire "freddo", contrariamente a quanto si potrebbe pensare. Non sono rare scottature da parte di italiani.
La doccia richiede più applicazione, perchè in America essa è provvista di levette, tiranti e corone dentate che hanno ciascuno un effetto inatteso anche se coerente con la funzione della doccia medesima. Dopo alcuni tentativi, una persona di intelligenza medio bassa può venirne a capo e di conseguenza può anche lavarsi. Nessun problema per asciugarsi.
In America, soprattutto a New York, ci sono grattacieli enormi e case molto più piccole. Ci sono anche case di  dimensioni diverse e tutte possono coesistere l'una accanto all'altra. Convivono anche edifici nuovissimi ed edifici molto vecchi, che non si capisce come facciano a sopravvivere. Ogni tanto qualche edificio viene demolito per far posto ad uno nuovo eppure ci sono sempre in giro vecchi edifici. Escludo che si costruiscano vecchi edifici. Però spesso se ne costruiscono dei nuovi. Il risultato, oltre ad un accumulo incessante di edifici diversi è un lavorìo incessante e questo grandioso lavorìo incessante produce un grandioso ronzìo incessante.

mercoledì 15 maggio 2013

IN AMERICA

In America, si usano filtri speciali per l'acqua potabile che esce dalla cannella ed esistono anche filtri per le caraffe e caraffe con filtri incorporati. L'uscita dell'acqua viene in tal modo leggermente deviata  e si tende a sbagliare la collocazione del bicchiere da riempire o delle mani da lavare, soprattutto se non si è americani.
In America, i lampeggiatori dei semafori rivolti ai pedoni mostrano figure luminose in forma di mano alzata, che per l'appunto lampeggiano e sono, subito dopo, seguite da numeri che scandiscono il tempo rimanente per l'attraversamento. I lampeggiamenti sono accompagnati da suoni o rumori che possono aiutare i non vedenti. Nei quartieri più libertari i suoni sono spesso quelli di un tamburello vagamente giamaicano.


In America ci sono persone brusche e persone gentili ma le prime sono più numerose, soprattutto se svolgono qualche  lavoro, come il regolatore delle file di viaggiatori in attesa del bus che parte o anche l'autista del bus che parte o la signorina delle informazioni circa gli orari dei bus che partono.

mercoledì 3 aprile 2013


Martedì 26 marzo 2013  Workshop "EXILE" preso il Museo Laboratorio di Arte Contemporanea della Sapienza Università di Roma, curato da Museo dell'Arte Contemporanea Italiana in Esilio in collaborazione con Silvia Pujia e Maria Teresa Zingarello.

Nella foto : Silvia Pujia, Maria Teresa Zingarello, Andrea Lanini, Luca Musacchio, Davide Ricco, Mattia Pellegrini